Storia dei compressori

Storia dei compressori

By admin

Nell’industria tutti ormai utilizzano l’aria compressa e anzi, sarebbe più corretto dire che non se ne può più fare a meno. Ma qual è la storia dell’aria compressa? Come si è arrivati alle macchine che oggi utilizziamo? Incominciamo questo tuffo nel passato – utile per comprendere meglio il presente e soprattutto il futuro – con i pistoni: come erano fatti i primi? Innanzitutto, bisogna chiarire che i primi pistoni utilizzati per le macchine ad aria compressa, erano di derivazione motoristica. I compressori monostadio (per intenderci quelli che montano uno o due pistoni), erano in alluminio fuso in conchiglia. E quelli dei bi-stadio? Venivano fabbricati in due differenti maniere: o in alluminio fuso in conchiglia o in ghisa -nel primo caso quelli del primo stadio a bassa pressione, nel secondo caso quelli del secondo stadio di alta pressione-. Anche i Carter venivano costruiti in ghisa e, successivamente,  venivano fatti in alluminio fuso in terra e infine in conchiglia. Passiamo ora ai cilindri: i primi cilindri erano tutti fabbricati in ghisa, con conseguenti -ed immaginabili- costi di lavorazioni meccaniche decisamente molto più elevati rispetto ad oggi. In questo caso, nel corso degli anni si è avviata una grande ricerca per trovare come trarre vantaggi dalla costruzione e dall’utilizzo dei cilindri. Così si è arrivati all’attuale forma dei cilindri: ‘camicie’ in ghisa da annegare in un cilindro di alluminio pressofuso. Infine, come si è arrivati al compressore a secco? Una volta, i gruppi pompanti a pistoni lubrificati a olio, presentavano non pochi svantaggi: innanzitutto dovevano rigorosamente stare in verticale per evitare che l’olio fuoriuscisse e anche l’olio stesso, doveva essere rabboccato di continuo (e quindi controllato di livello continuamente). L’esigenza di ‘inventare’ un compressore che funzionasse senza olio, quindi ‘a secco’, diventava sempre più forte. Così, anche per quanto riguarda questo elemento, è stata avviata un’accurata ricerca che, nel corso degli anni e grazie ad un’azienda chimica tedesca -e ad un paio di brevetti-, ha permesso di arrivare ai compressori ‘oil-less’, senza olio, che conosciamo e utilizziamo oggi.